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Cadenazzo

Origine del nome: Cadenazzo, nel 1853 anche Catenazzo. Secondo la tradizione popolare, deriverebbe dalle catene con cui si assicuravano i barconi che risalivano fin qui dal Lago Maggiore o dalla foce del Ticino, il quale – prima dell’incanalamento – serpeggiava dalla riva destra alla sinistra e andava soggetto a inondazioni.

Secondo un’analisi storico-geografica, data la posizione – chiave del luogo come via di transito verso i principali centri lacuali (Lugano, Magadino) da dove arrivavano anticamente le merci, Cadenazzo potrebbe essere stato una “dogana” soggetta a decreti cosiddetti “catenaccio” che impedivano ai cittadini di provvedersi dei generi di privativa prima che fosse decisa la tariffa doganale.

 

Cadenazzo fece parte della parrocchia di Bellinzona fino al 1442 poi fondò parrocchia con S. Antonino e dal 1830 divenne parrocchia autonoma . Il capitolo di Bellinzona vi possedeva dei beni e nel 1438 ne cedeva una parte agli abitanti di Cadenazzo con l’obbligo di curare la chiesa di S. Pietro di Cadenazzo. Un castello esisteva a Cadenazzo e sarebbe stato distrutto durante le guerre d’Italia.

 

Comune economico o patriziato: Come la Parrocchia fece parte a lungo del Patriziato di S. Antonino. Divenne autonomo nel 1878. Situazione nel tempo ed economica: Il comune si divideva in Cadenazzo di Sotto e Cadenazzo di Sopra. Le case erano anticamente raggruppate per cognomi e patrizi lungo il cono di deiezione dei torrenti Pianturina, Robasacco e Ruscadella. In suolo fecondo del piano era soggetto al comportamento del fiume Ticino che aveva libero corso. L’economia era strettamente comandata dai bisogni vitali: si allevavano bestie e si coltivavano segale, granoturco, patate, noci, vite per soddisfare i bisogni alimentari; si allevavano pecore e bachi da seta e si coltivava la canapa per i bisogni di vestiario e per qualche scambio. L’olio di noce serviva anche per l’illuminazione. Tutta la collina degradante verso il piano era coperta da alberi di noce e gelsi frammisti a qualche albero da frutta e alla vite. L’economia terriera era un poco integrata dai magri proventi del carreggio delle merci a cui accudivano i proprietari di buoi. Trasformazioni: del castello e della antica chiesa di S: Pietro non restano tracce. È presumibile che l’attuale chiesa di S. Pietro costruita nel 1830 poggi sulle fondamenta di quella antica. Il castello, se c’è stato, doveva trovarsi in prossimità della chiesa, nel luogo dove furono costruite le prime scuole. Riattando e ingrandendo quello stabile furono infatti notati pertugi tipici delle torri e un passaggio sotterraneo che portava a una dimora gentilizia.

 

Dopo il risanamento del Piano di Magadino e la bonifica di vaste aree di terreno, le abitazioni si sono disperse in un raggio molto vasto. L’economia del paese, un tempo prettamente agricola, si è trasformata in industriale, artigianale e commerciale.

Robasacco

Correva l’anno 1798 quando gli uomini di Robasacco e di Medeglia inoltrarono ricorso al Piccolo Consiglio della Repubblica Elvetica, a Berna, per ottenere lo smembramento territoriale da Medeglia e la costituzione di un comune autonomo. Il popolo ticinese, in quegli anni, era scosso dal profondo rivolgimento politico che dopo le note insurrezioni popolari, doveva portare, doveva portare alla fine dei Baliaggi svizzeri.

Successivamente nel 1803, con la mediazione di Napoleone, venne costituito il Cantone e Repubblica del Ticino.

 

È in questo clima, infervorato dai moti di libertà e di uguaglianza, che la Rivoluzione francese aveva illuminato anche le nostre valli, che Robasacco denuncia i rapporti con Medeglia, chiedendo la costituzione di un comune proprio.

 

Le ragioni di questo gesto oggi sono facilmente intuibili e giustificatee; non così la pensarono gli uomini di Medeglia che si opposero decisamente alla richiesta di Robasacco.

 

L’opposizione di Medeglia non ebbe tuttavia molto successo, considerato come Governo Centrale o Piccolo Consiglio, in data 11 ottobre 1801 sanciva la creazione del nuovo comune e ordinava alle parti di nominare due arbitri ciascuno con il compito di elaborare il piano di divisione territoriale del comune. L’opposizione di Medeglia a questo punto si rileva così inesorabile che i suoi deputati si astengono dal presentare il piano di divisione richiesto e ricorrono nuovamente al Piccolo Consiglio della Repubblica Elvetica. Questo ricorso verrà respinto dal Senato Svizzero in data 6 febbraio 1802.

 

In seguito alla costituzione del Cantone e Repubblica del Ticino, avvenuta nel 1803, Robasacco inoltra immediatamente un’istanza al Piccolo Consiglio, affinché venga ultimata l’intrapresa divisione dei due comuni. Il neo costituito Governo di Bellinzona, dopo aver sentito le parti, nomina un perito nella persona del cittadino Tommaso Colonetti con il compito di presentare il piano di separazione. Anche questo piano non viene accettato da Medeglia, che si ritiene spogliata di tutti i pascoli esistenti sul versante nord dei Monti di Medeglia.

 

In data 25 maggio 1805 il Gran Consiglio Ticinese conferma la decisione del Piccolo Consiglio e dichiara irragionevole l’ostinazione del comune di Medeglia condannando quest’ultimo al pagamento d’una penale di fr. 500.--.

 

La questione concernete la demarcazione dei confini giurisdizionali sembrava risolta dopo la decisione del Gran Consiglio del 1804; improvvisamente però i rapporti fra i due comuni si deteriorarono a seguito della definizione del contenzioso finanziario ancora pendente fra le parti. Nella vertenza si inserisce inoltre un nuovo problema concernente la definizione di una zona promiscua di pascolo parallela alla linea di divisione.

 

A questo punto Robasacco si rivolge al Tribunale Distrettuale di Bellinzona, che dopo un lungo iter procedurale propone alle parti una transazione sulla definizione dei confini e la creazione di una zona promiscua di pascolo che verrà definitivamente accettata il 25 giugno 1810.

Foto storiche

© cadenazzo.ch